Londonderry

Londonderry

Tuesday, May 26, 2009

Si dimette Ruth Padel


Ruth Padel, la prima donna eletta alla prestigiosa cattedra di poesia di Oxford (in passato ricoperta da Auden e Heaney) si è dimessa dall'incarico ieri sera, dopo le polemiche su un suo presunto coinvolgimento nell'anonima campagna diffamatoria contro l'ex favorito, il premio Nobel Derek Walcott, che aveva rinunciato all'incarico oxoniano pochi giorni prima l'elezione per una vecchia accusa di molestie sessuali. La poetessa si è sempre dichiarata innocente, ma in aprile aveva mandato due e-mail a giornalisti informandoli dell'oscuro passato di Walcott. Pochi giorni prima dell'elezione alcuni studenti e professori di Oxford avevano chiesto di rinviare il voto in attesa di fare chiarezza sulla misteriosa vicenda.

Antonello Guerrera

Da Il Riformista, 26/05/09

Friday, May 22, 2009

Ken Loach: "No ai soldi israeliani"


L'Edinburgh International Film Festival (Eiff) partirà soltanto il prossimo 17 giugno, ma in Scozia già impazzano le polemiche. Ancora una volta, nell'occhio del ciclone c'è Israele e la sua partecipazione a manifestazioni culturali internazionali. L'anno scorso fu la volta della Fiera del Libro, quando la partecipazione dello Stato ebraico come ospite della kermesse generò un vespaio di durissime proteste da parte di certa intellighenzia. In queste ultime ore, invece, è stato il regista inglese Ken Loach a lanciare la crociata antisionista. Intimando all'organizzazione del Festival di boicottare le 300 sterline da parte dell'ambasciata israeliana per le spese di viaggio della regista Tali Shalom Ezer per partecipare alla kermesse. Detto fatto, l'Eiff ha detto «no, thank you» al denaro israeliano e ha deciso di sovvenzionare personalmente Shalom Ezer.
Questo perché, come ha dichiarato Loach al Times, «i massacri e il terrorismo di Stato a Gaza rendono inaccettabili questi soldi». Aggiungendo: «Con dispiacere, ho l'obbligo di raccomandare a tutti coloro che hanno intenzione di venire al festival di dimostrare il proprio supporto pro Palestina ma di stare lontano» dalla kermesse. Un'uscita inequivocabile, che certo non cozza più di tanto con l'ideologia politica del regista di Looking for Eric, appena presentato a Cannes. Ma è preoccupante che, come si evince dal comunicato della kermesse per giustificare il boicottaggio del denaro, Loach sembri essere solo la facciata di un movimento intellettuale antagonista molto più corposo: Ken, infatti, avrebbe esternato i suoi pensieri «per conto della comunità cinematografica» del Festival, secondo l'Eiff.
Immediati lo sdegno e le proteste contro questa decisione. Il portavoce dell'ambasciata israeliana Lior Ben Dor si è scagliato contro la «demonizzazione e la delegittimazione dello Stato d'Israele», invocando un Festival come manifestazione culturale e non politica. Per la stessa regista, scintilla della polemica, Shalom Ezer, Loach così aumenta solo «alienazione e odio». E i connazionali dell'autore di Il vento che accarezza l'erba non sono stati meno duri. Sir Jeremy Isaacs, ad esempio, che negli anni 80 da amministratore delegato di Channel Four commissionò al regista inglese numerosi documentari controversi (come l'anticensorio e mai trasmesso A Question of Leadership), ha bollato le azioni di Loach «disgustose», definendosi altresì «raccapricciato» dall'organizzazione del Festival dopo l'associazione delle idee politiche del regista inglese a quelle di tutti i suoi colleghi. Paradossalmente, tuttavia, ciò che sta accadendo quest'anno è un revival dell'edizione 2006. Quando gli organizzatori dell'Eiff, sotto pressione delle lobby pro Palestina, rinunciarono alla sponsorizzazione israeliana per la partecipazione di un altro regista ebraico, Yoav Shamir.

Antonello Guerrera

da Il Riformista, 22/05/09

Thursday, May 14, 2009

Il ritorno dei rivoltosi Green Day è sul Sun dell'odiato Murdoch


COMPROMESSI. L'ultimo album della band di Billie Joe, sempre critico con il tycoon di Fox News, è in esclusiva sul suo tabloid Brit.

Il titolo è eloquente. 21st Century Breakdown è il nuovo album degli americani Green Day, in uscita nei negozi di tutto il mondo dopodomani, ma già ascoltabile online in streaming gratuito. 21st Century Breakdown sta per "il collasso del ventunesimo secolo". E non ci poteva essere seguito più pessimista al loro ultimo piccantissimo American Idiot, che cinque anni fa vendette 13 milioni di copie e che ora a settembre al Berkley Repertory Theatre sarà addirittura tramutato in un musical. Prima di approdare - si dice - a Broadway.
Il frontman Billie Joe Armstrong con Mike Dirnt e Tré Cool segna la storia della musica mondiale oramai da due decenni. Dopo il boom con l'album punk-adolescenziale Dookie (quello della hit Basketcase), la band ha sempre cercato di rinnovarsi con giudizio. Sino alla svolta pop-rock degli ultimi anni, quando è giunta la consacrazione globale con pezzi come Holiday e Boulevard of Broken Dreams, in testa alle classifiche di tutto il mondo per molte settimane.
Ma, nonostante le metamorfosi, una cosa per i Green Day (nome nato da un giorno "inverdito" dalla marijuana) è rimasta sempre invariata. E cioè la costante dissacrazione del potere e della politica americane, sia in chiave menefreghistica, sia, col passare degli anni, sempre più politica. Contro neocon e ultraconservatorismo d'oltreoceano. Dopo l'album Warning (2000), è con American Idiot che i Green Day si sono scatenati contro Bush, la Casa Bianca ed affini. Già il titolo dell'album era un'ovvia dedica all'ex presidente repubblicano. Il resto non era da meno: Bush «gasatore» salutato da un «sieg heil», frasi del tipo «svegliami quando settembre (l'11, ndr) finisce» e così via. Una acerba rabbia post Torri Gemelle, incancrenitasi durante la reggenza repubblicana di quegli anni. Una rabbia che nell'ultimo album, nonostante l'avvento di Obama, pare tramutatasi nella depressione più rancida. Tanto che lo stesso leader Billie Joe ha dichiarato sabato scorso da Berlino che «oggi si sta peggio che con Bush».
E cosa fanno ora i Green Day? Ossia coloro che provavano ribrezzo nei confronti della propaganda dei media Usa e che, non tanto tempo fa, avevano espressamente individuato nel canale Fox di Rupert Murdoch la causa della nebbia cerebrale degli americani? Decidono di dare l'esclusiva britannica dello streaming sul web di 21st Century Breakdown nientemeno che al sito del Sun, il tabloid scandalistico (proprio) di Rupert Murdoch. Una mossa di marketing perlomeno controversa, che la dice lunga sulla possibilità nell'odierno mercato della musica di essere coerenti con le proprie idee. Certo i Green Day non saranno gli ultimi a cadere in questa (spesso inevitabile) trappola. Basti pensare che negli ultimi mesi già due superbig come il "Boss" Bruce Springsteen e gli australiani AC/DC hanno dato l'esclusiva della distribuzione dei loro nuovi album nientemeno che alla catena di ipermercati americani Wal-Mart, spauracchio antisindacalista per alcuni, espressione della censura dell'ultradestra religiosa americana per altri (in questi negozi la violentatrice Rape Me dei Nirvana fu cambiata in Waif Me). Ma per gli addetti ai lavori gli scaffali di Wal-Mart, con i suoi prezzi irrisori, sono i più convenienti per distruibuire musica. Triste destino per uno come il Boss, che, da militante di Obama e paladino delle tute blu americane, ha chiesto sommessamente «scusa». Gli AC/DC, invece, non hanno detto nulla sulla loro esclusiva all'evangelica catena. Eppure, una volta, cantavano blasfemamente Highway To Hell.

Antonello Guerrera

da Il Riformista, 13/05/09

Wednesday, May 13, 2009

Dig In Your Soil!


Well, needless to say, as I have believed for many many years, the Guardian (which was established in awesome Manchester founded by the Roman Giulio Agricola - the same name of Rome's area I have lived in for years, lol!) is the best news website in the world, many think. Sure it is! Indeed, tonight I have to show you this absolutely priceless piece I found to-day at work, as I am a well proud Tube addicted! Ok, the Britons make charts with everything - and I DO love it. I was missing the very best in subterrean reading chart though. The Guardian did a GORGEOUS one! :-) enjoy it whole

Sunday, May 10, 2009

Buongiorno Los Angeles


A fair intriguing book I reviewed for "Il Riformista"...


La città degli angeli è abitata da demoni

BUONGIORNO LOS ANGELES. Frey, dopo il successo di "In un milione di piccoli pezzi", frantuma il sogno americano nella capitale di celluloide.

di Antonello Guerrera

Altro che città degli angeli. Se qualcuno è in procinto di partire per Los Angeles, non legga l'ultimo libro (e primo romanzo) dell'americano James Frey Buongiorno Los Angeles (ed. Tea, 555 pagg., euro 16,60). Perché Frey, conosciuto in Italia già per il controverso esordio di In un milione di piccoli pezzi, descrive con crudeltà l'altra faccia di L.A. Non quella di Hollywood, Bel-Air, Beverly Hills e via dicendo. Bensì quella dietro l'angolo ipocrita della società americana: tra stupri giornalieri, tossici allo sbando, bande animalesche, alcolizzati invisibili, easy rider sanguinari, viscidissimi agenti dello spettacolo, ghetti pestilenti, crateri razziali, aria fetente di fritto dei fast food e uno star system corrotto sin dalle viscere familiari. Una città letteralmente incancrenita. E le parti sane (se mai vi fossero, Frey non le descrive) possono solo sperare che il male si contenga.
Frey intaglia una Los Angeles da pelle d'oca, perimetrata da una scrittura quasi maniacale. Nel plot sfilano innumerevoli nomi di strade altisonanti, di highway traditrici, di quartieri invivibili, borghesucci e «vvvip», di eventi-curiosità storici (lo sapete che il fondatore della gloriosa United Artists fu il fanatico kukluxklaniano D. W. Griffith?), di ricorrenti catastrofi naturali, eccetera. Sul piano dell'immedesimazione del lettore non siamo alla Dublino incomparabilmente tornita da Joyce (paragone a cui si è spinto un po' impavidamente il Washington Post). Ma certo nella descrizione dello scenario ci si avvicina, e di molto, ai grandi ispettori di Los Angeles. Non tanto a quella del Marlowe di Chandler, che forse così in ginocchio non è, quanto a quella minacciosa e dannata del Bosch di Michael Connelly. Frey dissacra tutti i luoghi comuni della città degli angeli, persino le autostrade, accarezzate da riferimenti byroniani, ma sporche da far schifo, intorbidite da traffico e sudore, un rifugio notturno per teenager bruciati e, soprattutto, «una colossale rottura di coglioni».
E poi Frey polverizza il sogno americano, scomodissima fiaba contemporanea in una Los Angeles così stracolma di umani che, secondo l'autore, il traffico stradale in due decenni sarà totalmente paralizzato (tanto per dirne una). In questa megalopoli allo sfascio si intrecciano le odissee di svariati personaggi. Tra attricette, pornostar, artisti, surfisti, musicisti (tutti frustrati o dannati "in aeterno", con morale e/o verginità a pezzi), lo scrittore ne plasma essenzialmente quattro: due ragazzotti bianchi dall'Ohio in fuga da genitori psicopatici; una famiglia messicana che fa nascere la figlia Esperanza (nomen omen irrinunciabile) sul suolo americano per poter rimanere negli States; il barbone Old Man Joe che vive nel cesso di un chiosco; la star di Hollywood Amberton che dimora con una moglie lesbica, tre figli nati in provetta e un'irrefrenabile omosessualità. Tutti pagheranno a caro prezzo i loro sogni. Ma, almeno, non mancheranno piccoli, struggenti premi di consolazione.
Curioso notare che l'incipit di Buongiorno Los Angeles è «Niente in questo libro va considerato esatto o affidabile», nonostante Frey citi per le mutilazioni sociali losangeliane dati e statistiche apparentemente veritieri. In realtà il problema viene da più lontano. E cioè, dal suo esordio del 2003 con In un milione di piccoli pezzi, resoconto autobiografico alle prese con gli irriducibili fantasmi di alcol e droga. Nella circostanza, il sito The Smoking Gun smontò diverse ricostruzioni dell'opera di Frey, provandole come fittizie. Ad ogni modo, l'autore ne è uscito complessivamente bene e starebbe già lavorando al prossimo lavoro: un Terzo Testamento biblico con Gesù Cristo coinquilino di prostitute ed omosessuali. Vedremo. Intanto godiamoci Buongiorno Los Angeles. Per il quale Frey è stato pubblicamente idolatrato da Irvine Welsh e le cui quasi seicento pagine sono piacevolmente divorabili in una manciata di ore. Frey è un affascinante cantastorie contemporaneo. Che sprizzi fandonie o meno.

Antonello Guerrera

Buongiorno Los Angeles
James Frey
Tea, 555 pp., euro 16,60


From "Il Riformista", 09/05/09

Tuesday, May 5, 2009

Donna e lesbica. Il bardo reale canta le lame


CAROL ANN DUFFY. Dopo il veto di Blair, la scrittrice scozzese rompe un tabù diventando poetessa di Corte. A settembre venne censurata per un poema "pericoloso" sui giovani all'arma bianca.

Era la favorita nel rush finale e, come prevedevano i bookmaker, l'ha spuntata. Con l'avvento del mese mariano (coincidenza tutta "rosa"?) Carol Ann Duffy è stata eletta la prima poetessa di Corte della storia britannica. Dopo Spenser, Wordsworth e Chaucer, ecco l'antesignana femminile benedetta da Gordon Brown, dopo che altre due sue colleghe, Elizabeth Barrett Browning nel 1850 e Cristina Rossetti 42 anni più tardi, avevano toppato nella volata finale. Ma non chiamatela poetessa, per lo meno nella sua lingua. Perché sino a qualche tempo fa "poetess" era il gergo dispregiativo dei "maschi" intellettuali nei confronti delle colleghe scrittrici. Quelli che, come ha ricordato la "neolaureata" qualche tempo fa, «o ti davano le pacche sul capo, o sul sedere».
Per la successione al decennio agrodolce di Andrew Motion, la Duffy è stata preferita al poeta maschio Simon Armitage. Curiosamente, però, sia Carol Ann che Simon erano contendenti anche nell'elezione del 1999. Quando la scelta finale di Motion sollevò le proteste della comunità omosessuale britannica, per via di un presunto veto dell'allora premier Tony Blair. Una donna, lesbica, e per giunta con una figlia, come "poetessa" della Regina? Immaginando la reazione della Middle England, il futuro cattolico Tony disse di no, almeno stando alle insistenti talpe di Downing Street numero 10. Ufficialmente, però, Blair e il suo staff hanno sempre smentito le accuse.
"Guardian", "Times" & Co., nel frattempo, hanno fatto appello ai lettori, affinché la nuova poetessa di Corte venga giudicata per la sua produzione scrittoria e non per la sua complessa, spesso irriverente, personalità. Per non parlare della sessualità, tanto che la stessa Duffy ha dichiarato di non voler essere «etichettata come la laureata lesbica». In effetti, lei la fama accademica se l'è guadagnata con una vigorosa cattedra all'università di Manchester, cinque imponenti premi nazionali (Dylan Thomas, Whitbread, Somerset Maugham, Forward e soprattutto, il TS Eliot prize nel 2005) e una bibliografia corposa ed eterogenea, con le raccolte La moglie del mondo e L'infanzia rubata che l'hanno elevata alla storia della letteratura inglese. Dall'intimo al politico, dalle donne dimenticate dalla storia ai versi per bambini. Ora chissà come Carol Ann Duffy si comporterà alle prese con le poesie su commissione, da lei candidamente poco apprezzate. Il predecessore Motion, dal canto suo, ha confessato mesi fa come fare il poeta di Corte prosciughi l'ispirazione. Ma intanto la Duffy ha dichiarato che il poco lauto compenso reale (meno di 6mila sterline annuali) lo devolverà alla centenaria associazione culturale Poetry Society, mentre conserverà il "butt of sack", ovvero i tradizionali 600 litri di sherry. «Un dono apprezzato».
Ma oltre ad essere donna e lesbica, la Duffy è stata al centro di polemiche nel settembre scorso per un poema sulle aggressioni giovanili a base di coltelli, che all'epoca impazzavano a Londra e dintorni. Tanto che il suo Education for Leisure (educazione per piacere) fu escluso dal programma dell'esame di Stato delle scuole medie superiori inglesi con l'accusa di glorificare la violenza. Tante furono le voci di protesta contro la censura («perché non vietare anche Romeo e Giulietta allora», si disse). Tanto più che, tramite il suo agente Peter Strauss, la Duffy sostenne come Education for Leisure fosse stato scritto negli anni 80 della Thatcher, con l'obiettivo di «propugnare educazione e non violenza». Ma certo i versi della nuova poetessa di Corte non potevano passare inosservati, mentre sulle strade si assisteva al massacro degli adolescenti inglesi. Education for Leisure attacca così: «Oggi ho intenzione di uccidere qualcosa. Qualsiasi cosa./ Ne ho abbastanza di esser stato ignorato e oggi/ ho voglia di giocare a Dio». Il teenager protagonista del componimento, dopo aver saggiato mortalmente la lama su un pesce rosso, chiosa minaccioso: «Prendo il coltello per tagliare il pane ed esco. Il pavimento/ luccica d'improvviso. Ti tocco il braccio».

Antonello Guerrera

From Il Riformista, 05/05/09